Il Giorno della Memoria è un’occasione per osservare la storia del razzismo da diversi punti di vista. Nel 2022, Daniel Degli Esposti ha raccontato il complesso legame tra sport e Shoah nella narrazione-spettacolo Fuori gioco, impreziosita dalle letture dell’attore Federico Benuzzi.
È stato un viaggio alla scoperta di tante vicende che segnarono lo sport in Europa e nel mondo. Abbiamo scoperto alcuni gesti di protesta contro i fascismi, l’impatto delle leggi razziali sugli atleti, i tentativi di mantenere in vita le competizioni sportive all’alba della guerra insieme a tante altre storie di sport e Shoah.
L’appuntamento si è tenuto venerdì 28 gennaio alle ore 21 in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Città di Castelfranco Emilia. L’evento era inserito nel ciclo di incontri Quando lo sport fa la storia, organizzato dalla Città di Castelfranco Emilia in collaborazione con Allacciati le storie, per raccontare la storia del Novecento attraverso le vicende di donne e uomini dello sport.
Sport e Shoah: una piccola anteprima
A partire dagli anni Venti, lo sport entra in una fase di trasformazioni radicali. Non è più soltanto un passatempo per i giovani benestanti, ma coinvolge masse crescenti di persone, sia come praticanti, sia come spettatori. I regimi totalitari si accorgono presto che le gare tra i campioni e gli eventi delle discipline popolari hanno un notevole potenziale propagandistico. Anche in Italia, la dittatura fascista comincia a celebrare le vittorie degli atleti e delle squadre, promuovendo la “nazione sportiva”.
L’esaltazione dello sport ha tuttavia anche un altro fine, strettamente legato all’ideologia razzista dei fascismi europei. In Italia le attività fisiche servono a potenziare i corpi dei giovani in vista di nuovi conflitti e a preparare le ragazze alla maternità. L’obiettivo di fondo non è dunque il trionfo agonistico della “nazione sportiva”, ma quello militare della “nazione guerriera”.
Fare dello sport – ha detto benissimo Augusto Turati – significa assolvere una funzione educativa di razza. È tutta la razza che bisogna educare. I campioni valgono in quanto sono la espressione di una razza sviluppata e potenziata in tutti i campi; se no, sono l’eccezione e la espressione effimera.
(Da un articolo pubblicato sulla rivista «Lo sport fascista»)
Non a caso, lo sport italiano degli anni Trenta è fortemente orientato alla preparazione bellica e quasi completamente allineato al regime fascista. Le eccezioni si trovano fra coloro che appartengono a gruppi già “discriminati” dalla dittatura: sono i seguaci dei vecchi oppositori politici e – in particolare dal 1938 – i “non ariani”. Le persecuzioni razziali colpiscono anche diversi atleti, escludendoli dai club e dalle competizioni, fino a quando la violenza della Seconda guerra mondiale porta l’odio alle estreme conseguenze.
Avevo quindici anni e lo sport era tutto. Quando finii in una miniera di carbone, a Furstengrube, combattei pure io per fame. Ci davano una mezza pagnotta. E un giorno affrontai un professionista ungherese perché non si trovava nessuno con il coraggio di farlo. Era più forte, più grande, in tre
riprese presi un sacco di botte anche se ne diedi pure io parecchie. Allora meritai pure una fetta di salame.(Testimonianza di Alberto Sed, sopravvissuto alla deportazione ad Auschwitz)
Per scoprire queste e tante altre vicende, non ti resta che seguire la narrazione-spettacolo Fuori gioco – Storie di sport tra Shoah e Seconda Guerra Mondiale. La trovi nel video qui sotto.
Il prossimo appuntamento del ciclo Quando lo sport fa la storia
Il ciclo Quando lo sport fa la storia proseguirà nei prossimi mesi con altri 4 appuntamenti, organizzati dalla Città di Castelfranco Emilia. La prossima tappa di questo viaggio nel tempo sarà giovedì 10 febbraio, nel Giorno del Ricordo, con una nuova narrazione-spettacolo in diretta streaming, intitolata Lo sport e il confine orientale. Trieste e l’Alto Adriatico al tempo della cortina di ferro.
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